giovedì 16 febbraio 2012

LA VALLE NON SI ARRESTA: solidali con i NOTAV

Il 12 febbraio si sono svolti nelle città di Ivrea, Saluzzo, Cuneo, Alba, Alessandria i presìdi di solidarietà rispettivamente per Luca, Giorgio, Tobia, Jacopo e Mambo; alcuni degli attivisti NOTAV per cui è stato disposto l'arresto in seguito agli scontri svoltisi il 3 luglio 2011 in occasione della manifestazione nazionale. 
Per questi ragazzi, il direttore del carcere, Pietro Buffa, ha disposto il trasferimento per favorirne l'isolamento e scoraggiare l'ondata di solidarietà che questi arresti avevano suscitato nel torinese e in tutta Italia nonostante la neve e le temperature polari.
Nonostante un martellamento mediatico in cui il movimento NOTAV è stato condannato e calunniato, anche per bocca di esponenti dei partiti politici che sostengono la colossale opera ferroviaria, sentiamo l'esigenza di prendere le distanze da una logica acritica che vuole imporre la distinzione tra “buoni e cattivi” e che riassume i ventitrè anni di lotta di una intera valle in qualche ora di scontri, come se nessun evento, come ad esempio la militarizzazione della valle e i mezzi cingolati nelle strette vie di montagna, avessero alzato la tensione nella popolazione valsusina e negli italiani che solidarizzano coi NOTAV. 

Possiamo anche credere alla verità ufficiale e fingere che non ci sia mai stato lo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena il 27 giugno 2011 o il dispiegamento di tremila agenti con annessi lacrimogeni da guerra e mezzi blindati per incutere paura nei cittadini della Val di Susa e fermare la popolazione che si oppone alla costruzione del tratto ferroviario.


Siamo sgomenti di fronte alla decisione presa da uno Stato liberale, democratico, un “faro della democrazia” sempre pronto a difenderla e ad esportarla con le armi in Afghanistan come nelle valli piemontesi, ma che dimentica che per esercitarla serve ascoltare e rispettare la volontà delle popolazioni su cui governa.

Siamo sgomenti di fronte alla decisione dei vari governi di ridurre ad un problema di ordine pubblico una lotta che da ventitrè anni coinvolge, mobilita migliaia di cittadini ma che riguarda milioni di persone quanti
sono i cittadini italiani.

Problema di “ordine pubblico” diventa dunque il diritto alla salute, il rispetto dell'ambiente, in modo diretto, e implicitamente il diritto all'istruzione gratuita e di qualità, ad una sanità pubblica accessibile, alla pensione, al salario minimo e all'edilizia popolare visto lo sperpero di risorse che provoca il TAV.

Uno “sviluppo” fatto di retorica e colate di cemento, senza criterio nè programmazione, che per gli interessi di pochi toglie ai più. Viene di fatto cancellata la possibilità di un modello di sviluppo che rifiuti le grandi opere e che piuttosto migliori il precario equilibrio idrogeologico del territorio italiano e incentivi la preservazione del patrimonio culturale e artistico nazionale: tutto ciò si tradurrebbe in nuovi posti di lavoro e un indotto favorito dal turismo che potrebbero compensare di gran lunga questa costruzione inutile e invasiva.

Dire NO al TAV significa dire NO ad un intero sistema di sfruttamento e di interessi politico-economici che cancellano, di fatto, la democrazia. Con la galera quei ragazzi di cui sopra espiano anche la cecità, 
l'indifferenza e il perbenismo della nostra società oltre che la coerenza che ha sempre dimostrato il movimento di cui fanno parte. 
 Se battersi per un modello di sviluppo equo e giusto, che rispetti l'ambiente, la salute e i diritti di tutti è un crimine, ci dichiariamo colpevoli: solidali e complici con Luca, Giorgio, Tobia, Jacopo e Mambo e tutti/e gli/le altri/e


LA VALLE NON SI ARRESTA

E I NOTAV NON SONO SOLI... OVUNQUE

Ragazzi e ragazze del
Collettivo Luna Storta