mercoledì 6 marzo 2013

San Benedetto Po, provincia di Ferrara: storia di un (dis)servizio pubblico pt.1


[Il seguente articolo di approfondimento si compone di due parti per favorirne la lettura]

Accade nel 2013 che in assenza di mezzi di trasporto privato (vedi "automobili") alcune piccole città della Nuova Zelanda, in termini di tempo, risultino più difficilmente raggiungibili dalla loro capitale (90 km di distanza) di quanto non lo sia Auckland da Sidney ( 1300 km di distanza) nonostante la distanza effettiva sia molto più favorevole al primo caso. Quando questo accade si può parlare di distanza relativa.

Il sistema di trasporto pubblico che raggiunge la nostra zona è costituito da Apam (gomma) e TPER -ex FER- (rotaia) e anche da noi (Pegognaga, Quistello, San Benedetto Po) nei giorni festivi, da sempre accade che, - dimenticando per un attimo i normali disservizi incendiari e ritardi, l'incuria e la scarsità dei mezzi-, i mezzi di trasporto pubblico su gomma sono addirittura inesistenti. Alla luce di questo fatto se provassimo a ridisegnare la cartina geografica della nostra zona in base alle distanze relative, ci accorgeremmo che sarebbe più facilmente raggiungibile, e dunque molto più vicina in termini di mobilità sostenibile, Ferrara ( diretto,1h e 10' per 60 km) di Mantova (via Suzzara, con 1 cambio, 1h e 40' per 23km).

 Dunque mentre in Lettonia lo Stato incentiva la mobilità sostenibile con il trasporto gratuito, qui da noi c'è un'endemica noncuranza di cui a fare le spese sono sempre i soliti noti (studenti, lavoratori, pensionati) che si spostano su mezzi che risalgono anche agli anni '80. È ormai un segreto di Pulcinella quello che dagli anni '50 fino ad oggi, i vari governi non si sono mai preoccupati di garantire buoni trasporti pubblici gratuiti attraverso un saggio utilizzo delle tasse (il biglietto che ci chiedono di pagare copre circa un terzo delle spese): già dagli anni della motorizzazione di massa lo stato doveva garantire gli interessi delle poche famiglie che (influenzavano la politica e) producevano auto in Italia, investendo più di duemila miliardi per la costruzione di autostrade e contemporaneamente non più di un decimo per l'intero trasporto pubblico nazionale.
SENZA VERGOGNA: uno Stato che non sostiene i trasporti ma finanzia la guerra nuoce a tutti, anche alla verità

È un problema che dunque arriva da lontano e denota anche un grave problema culturale: abituàti a questo comportamento per almeno cinquant'anni, ora usiamo la macchina per tutto e la media auto/abitanti è una delle più alte d'Europa. Per contro, nelle nazioni dove il servizio pubblico funziona bene è normale utilizzarlo frequentemente e questo denota incontestabilmente come le politiche industriali educhino anche a modello di comportamento differenti. Più comprendiamo questo carattere "storico" dell'irresponsabilità statale, più ci rendiamo conto di come un disservizio che noi crediamo locale, apra una voragine nel tempo (è un problema di diverse generazioni di utenti e politici) e nello spazio (è un problema del sistema di trasporto nazionale).

Nonostante infatti lo Stato abbia delegato la gestione dei trasporti alle regioni e alle province, il rubinetto dei soldi è sempre stato in mano al primo che usa gli enti intermedi, sempre più spesso pubblico(nel nome)-privato(nei fatti), per fare il lavoro "sporco" di tagli (di linee e corse), aumenti (dei biglietti e abbonamenti), cosa in cui si sono dimostrati fin troppo zelanti nell'applicazione e cattivi predicatori (vedi alla voce "Infrastrutture e trasporti") alla luce di quanto fatto a metà mandato.

[qui pt. 2]

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